Cambodia or bust n. 6 – 31 maggio 2015

Oggi che è domenica, allo spring Valley Resort c’è un po’ di gente in più alla colazione. Non sono più da solo come nei giorni scorsi. Tutti cambogiani di Phnom Penh che vengono a passare il weekend qui a Kep. Li riconosci dalla pelle chiara. Sokkea mi spiegava l’altro giorno che avere la pelle chiara per la gente di città è motivo di vanto e anche una questione estetica. Significa che sei benestante, che non sei un contadino delle campagne. Il desiderio di avere la pelle bianca è così forte, soprattutto nelle giovani generazioni, che arrivano al punto di usare delle creme schiarenti per la carnagione, esattamente come noi europei usiamo le creme abbronzanti. Il problema, in questa parte del mondo, è che arrivano un sacco di prodotti dalla Cina o dalla Corea, che non si sa fino a che punto siano testati e che conseguenze possano portare alla pelle nel lungo termine.

Alle 8.15 il mio tuk tuk è già lì che mi aspetta, con il mio nuovo amico Kakadà che è venuto a fare conpagnia al papà. I suoi occhietti vispi non perdono d’occhio la strada. Ha otto anni e parlotta già un pochino di inglese.

A metà strada verso Domnak Chamboak la ruota destra del tuk tuk inizia a fare un rumore un po’ eccessivo. La strada è asfaltata solo nella porzione centrale, tutta buche e salti, e sterrata nelle sezioni laterali. E’ così ormai da quasi due anni. Faccio fermare il tuk tuk per verificare e in effetti abbiamo bucato. No problem. Spostati dall’altro lato che andiamo, mi fa capire il mio driver.

Mentre ci avviciniamo a Domnak Chamboak, vedo svolazzare qualcosa dalla ruota e il rumore si fa sempre più preoccupante. Faccio segno al mio autista di andare piano, ma lui mi sorride e tira dritto. Fa una fermata al volo per vedere se può riparare la gomma, ma evidentemente gli dicono di no e proseguiamo. Ormai siamo al villaggio. La svolta per scendere, a destra sulla strada sterrata che si inoltra nelle campagne e porta al nostro Centro. la facciamo ancora più veloci del solito e per un attimo temo il ribaltamento. Circa 500-600 metri di sterrato e siamo arrivati.

Al Centro ferve già tutta l’attività di preparazione per lo spettacolo di danza tradizionale. La maestra e le sue assistenti stanno truccando tutte le bambine che parteciperanno allo show e i bambini sono già vestiti nei loro costumi tradizionali. Le bambine faccio fatica a riconoscerle con il viso truccato. Sembrano delle vere Apsara in miniatura. Le Apsara, queste figure della tradizione popolare cambogiana, segno di bellezza e leggiadria, nell’aspetto e nei movimenti.

Al tempo di Pol Pot la follia degenerata dei khmer rossi aveva portato a sopprimere, tra le altre attività culturali e artistiche, anche questa forma di espressione tradizionale. Per cui fortissimo è il legame di questa gente con questa danza, che forse è anche riaffermazione della vita e della speranza, contro tutto quello che il regime di Pol Pot ha significato in questo Paese.

I bambini hanno preparato quattro balletti, secondo un programma ben collaudato, che è lo stesso in tutte le manifestazioni culturali di questo genere. In particolare la seconda danza mi è cara, sia perché viene dalla provincia di Svay Rieng, dove è nato nostro figlio, sia perché è particolarmente ritmica e coinvolgente, con il click clock delle noci di cocco che si incrociano durante il ballo. Due balletti sono a un ritmo più lento, con i movimenti cadenzati delle Apsara, che riproducono pose tipiche con i polsi tutti girati all’indietro e il dorso della mano quasi piatto e parallelo al terreno. Movimenti lenti che portano le ballerine a sedersi e alzarsi con una agilità e una forza invidiabile, per terminare nella posa tipica dando il lato al pubblico e con una gamba leggermente piegata a sostegno del corpo e l’altra sollevata all’indietro, quasi fosse una foto delle ballerine ritratte ad Ankor Wat. L’ultima rappresentazione è più una breve recita che un ballo; è il racconto del Romeo e Giulietta versione cambogiana, la storia di una ragazza ricca che si innamora di un ragazzo povero e viene ripudiata dalla famiglia per questo motivo. In un playback perfetto le labbra dei bimbi si muovono in sincrono con la musica e il testo cantato che proviene dagli altoparlanti. Alla fine un grosso applauso per tutti i nostri ballerini, dai più piccoli ai più grandi. Davvero grandi i progressi fatti da questi bambini in meno di un anno.

Ancora una volta ringrazio Sokkea per avermi forzato la mano e aver insistito per fare partire questa scuola di danza, perché è davvero un ottimo completamento alle attività strettamente didattiche che facciamo al Centro.

Alle 11.30, quando tutti sono andati a casa a mangiare, ci avviamo di nuovo per le campagne, per andare a trovare le famiglie di Kemheng e Somphors, le nostre bimbe in sostegno a distanza. Per Kemheng è un secondo incontro: avevo già conosciuto la famiglia lo scorso anno quando ero venuto con Stefania e Daniele. Mi chiedono come mai non ho portato, come avevo anticipato loro lo scorso anno, mia moglie e mio figlio. Vogliono una foto della nostra famiglia da fare incorniciare e tenere in casa. La casa è curata e pulita. Al piano di sotto la cucina, una stanza dove tengono il riso e uno spazio con un pancone per dormire. Al piano di sopra la stanza vera e propria dove la famiglia dorme, mamma, papà due figli maschi e una femmina (Kemheng). Un figlio più grande è a Sihanoukville a lavorare come pescatore. Foto di rito…. Riaplia… See you this afternoon Kemheng.

Un po’ più in là la casa di Somphors. Quando arriviamo lei sta dormendo e la mamma le sta curando i capelli. Appena ci vede, la mamma la sveglia e lei non capisce immediatamente perché. Fa qualche passo mezza addormentata, poi realizza che siamo arrivati a trovarla. Sokkea spiega un po’ di me e della mia famiglia. Mi ringraziano per l’aiuto che diamo a Somphors. A scuola va abbastanza bene. Dodicesima in una classe di 34. Ma al Centro è una delle più ribelli. Non ha particolare feeling con l’inglese e lo ammette candidamente. Sarà una sfida vedere se riusciamo a insegnargliene un po’, almeno le cose basiche. Foto….. Riaplia…. See you this afternoon…

Sulla via del ritorno ci fermiamo anche alla casa di Reaksmey, dove la troviamo in compagnia della mamma e delle due sorelle maggiori. Mentre ci allontaniamo un’anziana signora mi offre un sacchettino di piccoli frutti, gli stessi che l’altro giorno mi aveva regalato Tiheng. Facciamo un’offerta e lei fa per andare a prenderne ancora…… Dtey….. Okun chraan…. Riaplia….

Quando arriviamo al Centro sono cotto come una salamella; anche oggi circa 2 ore sotto il sole in giro per la campagna. Più passano i giorni e più mi sento integrato nell’ambiente, nella comunità, vicino a questa gente che sto imparando ad amare in tutta la loro semplicità.

Il pomeriggio è dedicato a scorrere le fotografie fatte ai bambini per individuare i nomi e inviare le foto agli sponsor del sostegno a distanza. So che le state aspettando. Ancora un po’ di pazienza e con l’aiuto della nostra fida Elena ve le faccio avere.

La giornata si chiude al crab market, a cena con Sokkea. Sulla via del ritorno, sul tuk tuk, un nuovo piccolo amico, il fratellino più piccolo di Kakadà. Nonostante gli sbalzi del tuk tuk sulla strada, gli occhietti gli si chiudono e si addormenta praticamente in braccio a Sokkea, sul sedile di fronte a quello dove siamo io e Kakadà. Ci aspettano mentre ceniamo. Anche i bambini rimangono con il papà. Quando usciamo dal ristorante e realizziamo che ci sono anche i bambini ad aspettarci, Sokkea va immediatamente a prendere loro un bello spiedino di pesce. Kakadà se la mangia tutto di gusto. Suo fratello ne mangia un po’ e poi ripone il resto con cura nel sacchettino in cui gli è stato dato….. non si sa mai….meglio tenerne un po’ anche per dopo.  Ci salutiamo di fornte allo Spring Valley Resort…   Chuap Knia tnai sa aik maong pram bay dop pram niiatii.    Ci vediamo domani alle otto e quindici…..

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