E oggi si va a Kep. Viaggiare in questo Paese continua a farmi una certa impressione. Ogni volta che ci vieni lo trovi cambiato. Stanno veramente correndo quaggiù. Il contrasto forte è che su alcune cose c’è un’evoluzione esasperata (la tecnologia, l’espansione di Phnom Penh e delle altre città, il sorgere di enormi fabbriche dappertutto dove prima c’erano risaie), dall’altra certe cose non cambiano mai, come la vita nelle aree rurali dove tutto scorre ad un ritmo lento, come fuori dal mondo.
Dopo circa 3 ore e mezza di viaggio arriviamo a Kep. I posti ormai sono familiari. La spiaggia dove lo scorso anno avevamo portato per la prima volta al mare i nostri bambini, il parco arrampicato sulla collina, la scuola Don Bosco, il White Horse Monument, che ci dice che ormai siamo quasi arrivati. Questa volta l’abbiamo presa al contrario rispetto alle altre volte, per passare in albergo a lasciare il bagaglio.
All’ingresso dell’arco che segna l’inizio dell’area rurale, appena svoltato dalla statale principale, tornano nitidi i ricordi di un anno e mezzo fa. Oggi è molto caldo. La terra è secca secca e ancora non si vede il verde delle risaie. La strada polverosa come non mai. Questa volta non ci fermiamo a destra come lo scorso anno. La nuova sede del Centro sta dalla parte opposta.
Non appena la macchina accosta, eccoli che arrivano. Vedo in distanza le loro uniformi con gonne e pantaloni blu e camicia bianca. Le prime e più intraprendenti sono sempre le femmine. “Loak Kru, Loak Kru” “Hi Franco”.
Arrivano tutti con le mani giunte. Riconosco Somphors, Sina, Theara, Bunty, Chin Li…… di molti ricordo i visi ma non i nomi. Ecco Sam Ath, Phanny, Haiv, Srey Lean. Prima o poi me li ricorderò tutti i nomi e le facce, anche con il giusto abbinamento. Ci sono anche tante faccette nuove che mi guardano incuriosite. Stanno facendo l’intervallo tra un’ora di lezione e l’altra. Sembra passato un attimo da quando sono stato qui l’altra volta a gennaio 2014.
Finalmente vedo con i miei occhi e tocco con mano il risultato di questi ultimi 12 mesi e più di lavoro di tutti, qui in Cambogia e in Italia. Spazio ce n’è tanto, ma anche i bambini sono molti. Mi accompagnano nel giro di perlustrazione a vedere la Synapse Library, l’aula interna, l’aula esterna, dove tra poco ricominciano la lezione. Qua e là foto che ricordano i momenti salienti della storia del centro. Le mie foto, quelle di Jane, Stefania, Daniele, Nadia, Silvia, dei dentisti di Kids, degli amici cambogiani e stranieri che hanno dato il loro contributo a tutto questo.
Prima che possa rendermene conto è già l’ora del saluto, con il coro di “Goodbye teacher. See you tomorrow”, scandito come solo loro riescono a fare.
Mentre percorro a ritroso la strada con il mio tuk tuk, vedo una bimba in mezzo alla risaia secca che a gran fatica solleva la bicicletta per passare da un invaso all’altro, pur di prendere una scorciatoia per casa sua. Al primo sguardo non la riconosco. Poi inquadro meglio, saluto, e lei risponde con grande energia agitando la manina da lontano….. è la nostra Kemheng….. mi sbraccio per salutarla, vorrei quasi fermare il tuk tuk ma ormai è lanciato e conoscendo la timidezza di Kemheng, meglio aspettare domani.
Sulla strada di Kep assorbo con gli occhi ogni cosa del paesaggio. Mi sembra ancora strano essere qui, a 10.000 km da casa, in questo mondo così diverso, ma che tutte le volte, proprio per questo mi stupisce e mi affascina, con la sua gente cordiale, i suoi paesaggi meravigliosi e le sue forti contraddizioni.
Via ancora una volta a giornate intensissime, come sempre nei viaggi fatti qui in Cambogia. Giornate che ti lasciano esausto nel corpo, ma vivo più che mai nel cuore e nell’anima.
E il motto è ormai sempre quello……. Cambodia or bust…….
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