Cambodia or bust n. 6 – 16 gennaio 2014

Direttamente dal Centro di Domnak Chamboak la testimonianza sul campo di Daniele e Stefania, che mi accompagnano in questo viaggio in Cambogia, della giornata del 16.

Domnak Chamboak, 17 gennaio 2014 ora locale 15.00

Un’altra alba sorge a kep in un mondo quasi parallelo che ci dovrebbe insegnare molto sul modo di vivere ed essere felici per ogni dono che ci viene dato, sia esso un pezzo di pane o un nuovo giorno da vivere insieme agli altri.

Proprio questo infatti è ciò che si vive qui ogni giorno, partendo da una fugace colazione che si svolge in un clima di assoluta condivisione e non di fretta come succede ogni volta che entriamo in un bar nella nostra città.

Appena finito abbiamo, il nostro mezzo di trasporto che ci viene a prendere ogni mattina accende il suo rombante motore per portarci ancora nella nostra oasi di pace che è il “Centro per l’educazione dei bambini delle zone rurali della provincia di Kep”.

Il viaggio non è molto lungo, ma ci permette di entrare subito in contatto con il risveglio di molti lavoratori che piano piano si dirigono, con mezzi non proprio aggiornati ai nostri standard tecnologici, ai campi di riso o nelle piccole fattorie sparse per il territorio, oppure si dirigono con le loro piccole moto verso il mercato dove, carichi fino all’impossibile, cercheranno di vendere qualcosa per poter arrivare a casa con la somma che serve ogni giorno a sfamare le numerosissime famiglie dalle quali provengono.

L’impatto con le prime luci del giorno è molto positivo, a parte per la temperatura, visto che il ciclone che ha colpito le Filippine pochi mesi fa ha un po’ scombussolato il clima . Infatti sembrerebbe che il tifone abbia spostato la bolla di calore che si forma durante il nostro inverno nelle zone marittime che circondano la Cambogia e quindi fa un pò freschino, per noi, mentre per queste popolazioni abituate a tutt’altro clima pare il nostro inverno.

Tutti hanno molto freddo, considerando che le temperature durante questa stagione dovrebbero essere molto molto più calde circa i 30 gradi ai quali sono abituati

Durante la notte, in questo periodo, il termometro scende quasi ai 20 gradi, limite al di sotto del quale alcuni elementi della popolazione rischiano addirittura la morte, causata dal continuo aggravarsi delle condizioni di salute già precarie nelle quali vivono soprattutto i piccoli e gli anziani.

Ogni casetta che abbiamo visitato in questi giorni non possiede letti e niente che possa fornire un minimo di conforto per il riposo, nè una sedia nè un divano, una poltrona, una coperta che aiuti a ritemprarsi un pochino dopo una dura giornata nei campi,per non parlare dei poveri vestiti con i quali è costretta a vestirsi la popolazione.

Privi di adeguate coperture anche il più piccolo malanno potrebbe diventare fatale con questo freddo.

Una volta giunti però al Centro veniamo investiti da un calore inimmaginabile, che è quello della moltitudine di bimbi che già dalle 7,30 della mattina affollano le piccole aule dove verranno svolte le lezioni e dove questi splendidi bambini imparano un po’ di inglese e possono fare i compiti loro assegnati a scuola e quindi tutte le nostre preoccupazioni spariscono.

Ci mettiamo subito al lavoro in modo tale da poter completare tutto prima della festa che si terrà sabato, quindi armati di tanta buona volontà e pochissimi attrezzi ci accingiamo a costruire una palizzata di canne di bambù che serve a proteggere i bimbi e i loro giochi dal filo spinato che cinge ancora oggi la casa dove si trova il Centro.

Ben presto però ci rendiamo conto che mancano anche i chiodi necessari per poter completare il lavoro e quindi con l’amico francese Olivier, che con noi è qui a dare una mano, prendiamo il motorino e corriamo al mercato del villaggio per comprare martello, chiodi e filo di ferro. Paghiamo una cifra irrisoria, circa 3 euro, cifra impossibile in una qualsiasi ferramenta italiana.

Il bello della Cambogia è anche questo.

Tornati al centro cominciamo la costruzione e dopo innumerevoli martellate sulle dita decidiamo che il pranzo oggi tocca a noi prepararlo.

Decidiamo quindi di farci portare un paio di polli per fare una bella grigliata all’italiana.

E qui vengono fuori tutte le conoscenze culinarie di Lele, che con grande cura prepara un fornettto da campo con dei mattoni e una piccola griglia, anch’essa presa per due soldi al mercato, e un paio di sacchi di carbone

Il risultato, a dir poco scarso, sono due polli praticamente carbonizzati che in italia avremmo forse mangiato controvoglia ma che qui in Cambogia valgono le tre stelle Michelin al nuovo aiutante cuoco khmer Lele.

Finito il lauto pranzo composto da pochi pezzi di carne e una ciotola di riso, corriamo di nuovo fino al mercato accompagnati da Rondoul (la maestra dei bambini) e due bambine adottate a distanza da Lele e Stefania per prendere alcuni regalini per loro e la loro mamma che le accompagna.

Rondoul tenta un primo acquisto in nostra presenza, ma appena la commerciante vede le nostre belle faccione da occidentali, il prezzo inevitabilmente lievita. Ci dice di uscire, ci pensa lei a fare gli acquisti insieme alle bambine e alla mamma. Poi quando avrà negoziato il prezzo “cambogiano” potremo pagare noi per loro.

Per ingannare l ’estenuante attesa fuori dal mercato, durata quasi due ore,( le donne al mondo sono tutte uguali …. Metti tre donne a fare shopping in qualsiasi mercato o negozio al mondo e possono passarci dentro l’intera giornata) ci siamo messi anche noi a comprare della frutta e visto il prezzo decisamente vantaggioso per i nostri standard, abbiamo deciso di prendere una cassetta intera di Dragonfruit (un frutto tipico del sudest asiatico, dalla polpa bianca e dolce punteggiata di piccoli semini neri) pesante circa 15 kg; in pochi minuti siamo diventati famosi nel mercato, innanzitutto perché in questi mercati di villaggio non sono abituati a vedere barang (termine usato per definire gli stranieri) fare acquisti, e meno che mai a fare acquisti di un’intera cassa di frutta a 10 dollari, somma che sicuramente ha fatto la giornata per la fortunata venditrice.

Una volta comprato tutto ci siamo diretti nuovamente al Centro, dove ormai erano rimasti pochi bimbi dato che alle 17 vanno a casa per la “cena”. Così abbiamo finito di sistemare la palizzata di bambù e dopo esserci goduti una bella birra calda siamo tornati alla guest house Don Bosco per toglierci di dosso tutta la terra che avevamo accumulato sulla pelle, felici di aver anche oggi goduto del sorriso di questi fantastici bambini che a noi fanno il pieno di energia e ci aiutano a capire quanto facile sia il loro modello di vita fatto solamente di sorrisi poche carezze e tanta tanta terra.

Un saluto a tutti e alla prossima per un nuovo racconto.

Lele e Stefania

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