I Fantastici 4 diario n 6/The Fantastic 4 diary n 6

Eccoci di nuovo pronti per il nostro viaggetto quotidiano di una decina di km che ci consente di arrivare al piccolo villaggio di Domnak Chambok dove ci apprestiamo a vivere un’altra avventura con le nostre piccole fatine e i nostri mostriciattoli pronti a invadere il centro con le loro urla e la loro voglia di vivere.
Quando arriviamo riprendiamo subito il lavoro di disegno iniziato il giorno prima e coinvolgendo anche i piccoli riusciamo nella titanica impresa, visto gli scarsi mezzi a disposizione, di dipingere un Buddah in meditazione (solo il giorno dopo all’arrivo di Mr. Toh il maestro di inglese ci comunica che è un Buddah Cinese e non Cambogiano …). Diciamo che l’idea era giusta ma purtroppo la nostra ignoranza in materia ci ha portato a comettere un piccolo errore di valutazione. In ogni caso erano tutti felici dell’opera di Davide e quindi rimandiamo all’anno prossimo la correzione.
Nel pomeriggio ci rechiamo nella piccola pagoda che è in cima alla montagna e subito rimaniamo folgorati dalla scena che ci si para davanti agli occhi: due monaci di apprestano a farsi tatuare da un ex monaco che ora ha abbandonato la vita monastica, due gattini miagolano in cerca di qualcosa di buono da mangiare e subito uno dei due monaci si toglie dal piatto quello che stava mangiando per darlo ai due piccoli micini e dopo si rimette a discutere del disegno che si deve impremere sul petto fatto di preghiere e simboli ancestrali.
Infatti i monaci che praticano l’antica arte del tatuaggio, fatto con canna di bamboo e un piccolo ago da usar per ore senza l’aiuto di una macchinetta come per quelli diciamo che si fanno in tutto il resto del mondo, sono monaci particolarmente dediti alla magia e alla meditazione trascendentale, insomma persone particolari.
La tentazione di chiedere di farne uno anche a me è troppa e infatti con la mia solita faccia di bronzo che mi contraddistingue mi faccio avanti ed il monaco prima scettico mi fa cenno di accomodarmi e parlare con lui.
Dopo un paio di frasi per me ancora oggi incomprensibili capisco che vuole vedere cosa vorrei farmi imprimere indelebilmente sulla pelle e subito si stupisce di quello che gli chiedo in quanto probabilmente troppo sacro per il corpo di un bianco occidentale come me.
Dopo un attimo di scoraggiamento il mio interprete (un ragazzo formidabile di nome Yoom che guida da maestro il tuk tuk sulle strade polverose di kep e dintorni) fa capire che non siamo nuovi di questo fantastico paese e che siamo qui per aiutare i bambini delle aree rurali più svantaggiati e che quindi può fidarsi di noi.
Tutto cambia l’aria si fa più leggera e il monaco dopo aver preparato dell’incenso si mette a pregare e preparare la bacchetta e l’inchiostro nero.
Dopo aver finito questo piccolo rituale mi fa cenno di stendermi e comincia la sua opera d’arte.
Al primo colpo sento il dolore tipico che conosco bene del tatuaggio che per la vita mi accompagnerà, e più si avvicina alla spina dorsale più aumenta, ma sono felice di condividere almeno in parte un pò di male che questa popolazione ha subito per troppo tempo.
Dopo circa 1 ora il tatuaggio è completo e soddisfatti entrambi ci abbracciamo e salutiamo con la speranza di poter rincontrare questa magica persona ancora nella mia vita.
Ora riposo il dolore si fa sentire e domani dobbiamo festeggiare la fine della missione coi bimbi.
A domani quindi pronti e armati di scatole di fazzoletti per asciugare le lacrime  che cadranno copiose sulle nostre e sulle guance dei nostri piccoli angeli dagli occhi a mandorla e la pelle scura.
Chnom rea plea

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