Ultimo giorno a Kep.
Tutto nella norma. Sveglia alle 06.45, prima colazione alle 07,30, Mr Dom in attesa alle 08,15 e si prende la strada per l’ultima volta in questa missione.
Ma cambiamo, ci fermiamo in un piccolo, strano negozio vicino alla rotonda del cavallo bianco a ritirare tre grosse torte, non li vedo perché sono inscatolate, li avevo ordinato tornando dal mare giovedì guardando solo una foto. Questo bottega fa tutto per i matrimoni anche se entrando sembra un, un, diciamo magazzino. Mentre eravamo li una ragazza si stava pettinando senza altro per un matrimonio. Per fortuna le torte non li fanno in loco ma arrivano da Kampot. Costavano la bellezza di $ 25 l’uno, una cifra spropositata per un paese cosi povera. Ecco perché i nostri bambini l’hanno visti solo una volta con Il nostro presidente Franco Farao in occasione del primo anniversario del centro. Quella volta mi ha raccontato le torte erano piccoli e individuale e non avendo mai visto una cosa del genere prima i bambini hanno finito per spalmare la crema in faccia a tutti.
Partiamo con le nostre tre scatoloni di torta che stringo gelosamente a me per evitare cadute, più una confezione di piatti in polestrerolo e dei cucchiai in plastica. Si sono scusate perché non avevano candele ma tanto non era il compleanno di nessuno.
Arriviamo al centro prima delle nove ed è già pieno di bambini che mi corrono incontro ansiosi di prendere in consegna qualsiasi cosa che io abbia portato. Una delle ragazze mi consegnaa subito un bel pacco regalo, apriamolo dopo. Affido lo zaino, i piatti ed i cucchiaini. Le torte le porta Mr. Dom sempre contento di participare alla gioia di queste suoi piccoli compaesani.
L’eccitazione e al massimo, si stanno spostando scrivanie per fare due lunghe tavolate, pensare che prima che venivano donate le scrivanie ci si sedeva tutti per terra! Mettiamo le torte nel nuovo frigorifero acquistato l’anno scorso è davvero necessario. Tiro fuori il sacchetto che mi aveva lasciato in dono un certo Sig. Guido di un NGO olandese, lui d’origine Italiano ma residente in Olanda. C’erano due buste di 18 palloncini super grandi. Li consegno ad uno dei ragazzi più grande con il compito di gonfiarli con la pompa per la bicicletta. Non funziona, non fa niente un gruppo di bambini super eccitati fanno a botte per gonfiarli. “Jane, Jane guarda” urli quando vedano quanto sono grandi. Nel sacco c’è anche dei fili di bandierine d’attaccare, un altro gruppo parte in tromba per questo lavoro. La “mia” Theara, sempre in commando è già in piede sui tavoli ad attaccare i palloncini ai festoni e dei figurini di farfalle ai palloncini, e guai a chi cerca di aiutare. Ogni volta che passo mi fa un sorriso cospiratrice.
Ad un certo punto arriva la più birichina, la Linda con un bel fiore in plastica e me la regala con una insolita timidezza. Vado a metterlo via e mi arriva un bimbo piccolo che non conosco neanche e mi porge un margherita, sempre in plastica. Meglio. Almeno li posso portare a casa.
Con la mia grande gioia arriva anche Chanta con tanto di maglietta di Shade for Children. Chanta che è tanto minuto che si confonde con i ragazzi più grande. Chanta che ha lavorato con me per tre anni, che ha sempre preso ogni occasione per conversare in inglese per migliorasi. L’anno scorso ha lasciato il centro per un lavoro governativo. Non molto meglio pagato ma si capisce la voglia di un giovane di fare nuove esperienze e fare carriera, in particolare se stanno pensando di sposarsi.
Su mia richiesta Ms. Channa ha organizzato dei cuochi che devano venire a preparare la zuppa con noodles. Ma caspita, proprio come l’ultima volta la metà hanno portato le ciotole l’altra metà o si sono dimenticate, o non hanno capito o la mamma ha detto di no. Allora mandiamo via Sochear per comprare delle ciotole di polistirolo (odio questo materiale e la Cambogia e pieno).
Arrivano le due cuoche. A questo punto devo chiedere ai debole di stomaco di saltare al prossimo pezzo! Ci sono borse di plastica pieni di germogli di soia, dei cesti, rivestite nel interno con fogli di palme e pieni di noodles già cotte, un pentolone di brodo di pesce e vari ciotole di peperoncini piccante. Come prima le ragazze più grande fungano da cameriere. Con le mani, e qui mi auguro che le hanno lavati ma lo dubito, mettano in fondo alla ciotola dei germoglio di soia, sempre con le mani prendano i noodles, versano sopra, con un mestolo, il brodo poi aggiungano i peperoncini. Sui tavoli girano sempre dei bottiglie di un liquido sconosciuto con dentro dei peperoncini con il quale i ragazzi condiscano allegramente la zuppa. Ma questa volta non si buttano a mangiare. Quando chiedo perché mi spiegano che questa può essere mangiato freddo. Ci credo con tutto il peperoncino che lo scalda, allora devono aspettare che siano serviti tutti prima di cominciare. Arriva il via e maneggiano i chopsticks per mangiare noodles in modo da professionisti. Poi scopro che non è così difficile. Perché? Volete sapere se l’ho mangiato dopo averlo visto preparare? Ma certo. Oramai con tutti i viaggi che ho fatto, nei tanti posti sotto sviluppati nel mondo devo essere vaccinato, poi è la mia festa.
Fanno in fretta a finire, vanno a lavare i piatti, posare quelli portate da casa nelle borse e Theara si mette al computer a fare il DJ. Ma nel trambusto, che ci può solo essere con più di cento ragazzi che fanno festa, la tragedia. Un dei ragazzi, il solito chiassoso, che non nomino per via della privacy, spinge una scrivania cade la ciottola di una ragazze e sono lacrime. Non ho visto quasi mai uno di questi bambini piangere ma questa è inconsolabile. Vuoi la rabbia vuoi la paura che la mamma se la prende con lei non c’è niente che diciamo che fanno smettere quelle lacrime, la prendo in braccio, dico di non preoccuparsi, mando al mercato a comperare 5 viottole nuove ma no, continua a piangere. Poi scopriamo il perché. Non deve essere noi che la diamo la ciottola ma il ragazzo che l’ha rotto. Il ragionamento fila. Lui sta lì con lo sguardo metà pentito e metà di sfida. Non so come è finito, so solo che è andata a casa sorridente e con una ciotola.
Puliscano tutto. In fondo all’aula, dove di solito mi metto ad insegnare e dove adesso la lavagna e coperto di bellissime disegni una scritta in Khmer tracciato in due/tre colori e sotto idem in inglese “thank you Jane” vengano sistemate tre tavoli, avanti le scatole con le torte. Tanti mani per aprirli, attenti, andate piano non rovinarli. Vengano fuori tre bellissime torte tutti ricoperte di crema. Fatto di che cosa non lo so e sinceramente preferisco non sapere. Il negozio ci ha dato anche tre bei coltelli di plastica in pacchetti sigillati, almeno quelli. Possiamo tagliarli? No aspetta e ora dei discorsi. Qui devo ammettere la mia memoria si confonde ma più o meno è andata così: primo Sokkea ha spiegato ai bambini del lungo viaggio che ho fatto per venire a trovarle, del grande lavoro che facciamo in Italia per mandare avanti il centro. La traduzione fatto in simultaneo da To per forza di cose non poteva essere completo. Dietro ogni torta siamo schierati Chanta, Io e To. Adesso a parlare tocca a Chanta. Nessuno ha tradotto ma è stato molto loquace per uno così timido. No, adesso tocca a me. Ho già le tasche pieni di fazzoletti di carta e Chanta mi fa vedere che anche lui ha uno pronto da darmi. Primo chiedo che mi portano i regali che non ho ancora aperto. In un sacchetto, block notes, caramelle, gomma, matita, penna e ciondolo. Mi dicono che il contenuto e di due ragazze. L’altro, sempre un bellissimo pacchetto, block notes matita e penna. Ringrazio tutti anche per i fiori. Prendo un bel respiro, mi faccio coraggio e cominciò con il solito discorso, di quanto mi sono trovata bene con loro, di quanto sono contenta a vedere tanti ragazzi che sono passati alla scuola secondaria e che hanno dei bei piazzamenti nelle loro classe, di quante faccine nuovo che non ho potuto conoscere ma spero di insegnare a loro la prossima volta che vengo. Fin qui sono andata bene, adesso arriva la parte difficile. Andate avanti a studiare, siamo fieri di vuoi e, e qui cominciano scorrere le lacrime e Chanta mi prende la mano e mi passa un fazzoletto anche se io avevo già uno nel altro, e quanto vi amo tutti quanti in particolare Theara e Bunthy. Tolgo gli occhiali perché si appannano. Tutto questo ho dovuto dire un po’ alla volta per dare a To il tempo di tradurre. Ma c’è l’ho fatta anche se sto piangendo di più adesso al ricordo. Ma continua la tragedia. To che è con il centro dall’inizio. L’originale insegnante d’inglese sotto l’ombra di un albero di mango davanti alla pagoda ci lascia. Anche lui fa carriera e torna nel suo vecchio collegio di Don Bosco che si trova vicino a Kep, lasciato come studente torna come insegnante. Avrebbe dovuto andare via il primo di Febbraio ma è rimasto per stare vicino a me durante la mia missione. Adesso tocca anche a lui salutari i bambini. Non so quanti di loro sapevano della sua partenza. Comincia a parlare e mi accorgo subito che la faccia e rigato di lacrime, si accorge anche Chanta e non regge più, si aggrappa alla mia spalla e nasconde la faccia, arriva di corsa Theara con una confezione di fazzoletti, dietro di me sento una delle ragazze della scuola secondaria che piange, mi giro e passò un fazzoletto o anche a lei. Ma cosa sta succedendo, doveva essere una festa! E lo è.
Parla ancora Sokkea dandoci tempo di ricomporci. Non ho la minima idea cosa è stato detto, non so se qualcuno ha tradotto, dubito, stavamo tutti piangendo.
Adesso basta, che continua la festa. Cominciamo a tagliare le torte, io tutta ordinata in misura, Chanta che segue il mio esempio, To che va a caso con delle fette cosi grande che lo devo dire di andare piano altrimenti non basterà per tutti, ci credo che i bambini vanno da lui a prendere la torta e non da me, le sue fette sono così grandi che non stanno sui piatti. Dovevano servire i più grandi ma i bambini non aspettano, sono tutti davanti ai tavoli. Buffo vedere i più piccoli che quando riescano a prendere un piatto sgattaiolano via. Ma eccoli, mi sembrava strano, arrivano le ragazze che mi conoscano meglio e mi arriva la prima ditata di crema in faccia, sono troppo occupata a tagliare per controbattere ma quando comincia Chanta riesco darlo di rimando, o forse ho cominciato io. Fatto sta che alla fine eravamo tutti begli imbrattate di crema, bianco verde e rosso, ma era solo un caso che sono i colori della bandiera Italiana. Ci ho pensato adesso, era perché c’erano fiori rossi con petali verdi! Ma che crema era? Con solo acqua fredda non veniva via, ho dovuto usare le salviette!
Avanti la festa. Il DJ Theara mette musica rock e arrivano “Jane dance” so già che farò la figura del l’elefante ballerina ma per farle contenti ci vado. Mica sapevo che qualcuno, di nascosto, mi aveva filmato e oltraggio pubblicato sul FB senza dirmi niente. Fa niente, mi sono divertita. Mi allontano per prendere ancora la busta Olandese. Dentro ci sono quattro mega tubi gonfiabile. Bisogna tenerli aperto e correre per riempire d’aria, soffiare per completare l’opera è chiudere con un elastico. Visto come funzionava bene guai. Sono cercondata da maschietti che reclamano uno. Purtroppo, o forse per fortuna ci sono solo quattro. Cerco di distribuirli equamente. Cioè non a quelli che spingano e cercano di stirarmeli di mano. Un certo punto non vedo più nessuno. Dove sono? I tubi gonfiati sono talmente grandi che sono andati fuori nei campi a giocare.
Uno ad uno cominciano venire a salutarmi e vanno a casa. Quanti abbracci, adesso perfino baci, raccomandazione di studiare, tanti “tornerò presto” . Una bambina piccola sfila due braccialetti e me li regala. Cerco di farla capire che sono troppo piccoli per me ma insiste e per non offendere accetto. ,
Arriva anche Theara a salutare la sua mommy. Prende le miei raccomandazione di studiare, di fare la brava, di aiutare la nonna in casa come lo farebbe qualsiasi ragazza del mondo. Neanche una lacrima, meglio così. Poi qualcuno mi ha detto che ha pianto si ma non si è fatta vedere da me.
Mi riportano i tubi. Poi Vannak, con faccia implorante mi chiede se lo può portare via. Ma certo. Altri mi guardano, ecco prendi. Vannak viene a salutarmi, ma non mi abbracciò questa volta. Quando lo dico “goodbye Vannak” mi guarda da adulto e dici “no goodbye teacher” peccato che non posso spiegarlo “arrivederci”
Adesso è veramente finito. Abbraccio Chanta, perfino To si lascia abbracciare mentre parte per le lezioni a università. Io e Sokkea ci ritiriamo al bar per un caffè ben meritato.
Adesso mi fermo. Ma la giornata è ancora lungo.
Ho chiamato Mr. Dom per venire a prenderci alle 14 30 per fare altri visite alle case dei nostri bambini. Ma io e Sokkea siamo ancora al bar con il caffè. Nessun problema, Sokkea chiama ancora e dopo pochi minuti arriva la nostra carrozza con Ms. Channa è il mio zaino.
Ci inoltriamo nella campagna, ci sono alcuni causa nuove, costruite in mattoni, piccoli ma almeno fuori decente, poi ci sono quelli come quello che andiamo a visitare, stile vecchio, alzato su sostegni di legno, tipo palafitte. Questo metodo crea una zona d’ombra sotto la casa dove si riparano dal sole mentre fanno vari lavori e dove di solito cucinano. Salendo delle scale esterni si arriva a un stanza unica con muri fatte di fogli di palme intrecciate con traverse in legno.
Noi siamo diretti alla casa di Oun Srey. Lungo sentieri in mezzo alle risai oramai secchi in questo stagione arriviamo ad una spazio grande e pulito che ospita due mucche, un maiale, un orto molto grande e due case di vecchio stile molto mal messe, talmente storte che sembra che si vogliano appoggiare uno contro l’altro per sostegno. Ci danno il benvenuto la mamma di Sarey, una sorellina piccola e una ragazza che credo sia una cugina. Sarey e a scuola per fare lezioni di recupero. Molti studenti fanno queste lezioni sul suggerimento dei loro maestri per i quali devono pagare una piccola somma. Un modo di arrotondare per i maestri che hanno un stipendio molto basso. La signora ha 58 anni ma per una contadina Cambogiana, sempre a lavorare sotto il sole è ancora una bella donna. Inoltre ci dici di avere 13 figli ed il marito è andato via con un’altra donna. Purtroppo non è una cosa inusuale in Cambogia, e non è sempre il marito che va, a volte anche le madre lasciano casa, marito e figli. La più piccola avrà circa due anni e mezzo, vestito, se così si può dire con un vestito che cade a pezzi. Dopo un po’ mi si avicina e mi tocca la gamba, quando la guardò sta lì a fissarmi con un espressione fra meravigli e terrore. Forse non ha mai visto una donna bianca, in particolare una con i capelli bianche come la neve. La madre di Sarey ci spiega che con l’orto ed un piccolo campo di riso riesce crescere il cibo per la famiglia, ma non sempre il riso basta per tutto l’anno, allora deve comprare lo con l’aiuto dei figli più grandi che sono andati di casa e lavorano. La sua casa è veramente mal messa. Sarebbe abbastanza grande se non fosse per il caso che sta cadendo a pezzi. Le mura di fogli di palmo su tre lati sono quasi non esistenti, non sono salita nell’unico stanza ma dalle foto che ha fatto Sokkea manca metà del pavimento. Ci abitano in quattro in questa casa. La casa di fianco, che è solo minimamente migliore e di uno dei figli.Sotto casa c’è un asse di legno, grande, che funge da tavolo con ammucchiateli vari vettovaglie. Mentre giriamo la bambina diventa sempre più coraggiosa nel toccarmi la gamba ma l’espressione dei grandi occhioni non cambia mai. Andiamo a guardare l’orto. Molto in ordine con alcuni verdure che riconosco, tipo l’aglio, altri mi sono sconosciuti. Quello che colpisce è tutto l’area intorno la casa dove non si vede una borsa di plastica, una bottiglia di plastica, carta niente. In un paese dove non esiste la raccolta dei rifiuti, dove la maggior parte buttano tutto per terra, il vento che soffia quasi sempre a mezzogiorno porta tutto in giro, questo è un cosa notevole. Nel centro, ai bambini viene insegnato a raccogliere tutto e viene messo in un grande cerchio di cemento dove regolarmente viene bruciato, perfino bottiglie di plastica e quei maledetti contenitore di polistirolo. La prima volta che l’ho visto mi sono inorridita, poi mi hanno spiegato che non c’è alternativa. Torniamo alla nostra signora. Una cosa di buono c’è l’ha, un pozzo tutto suo. Non è coperto ma Sokkea tira sul del acqua con un vecchio e sporco contenitore di plastica attaccato ad una corda e l’assaggia, io non avrei osato, ma la dichiara buona, salato, meglio di quello che abbiamo nel centro. Salutiamo con Sokkea che si chiede come possiamo aiutarla, oltre a quello che facciamo già.
Proseguiamo e ci fermiamo ad una casa dove c’è un uomo seduto su una tavolata di legno, nel ombra sotto la casa con un bambino di circa due anni, e tre donne variamente affaccendate. C’è anche un bambino di 12 anni. Sokkea lo chiede di camminare, ma ha le gambe magrissime, storte e fa fatica camminare e mi dicono che le fa anche male. Chiedo se è nato così, ma Sokkea mi dici di no, un giorno era caduto e dopo è rimasto così. Chiedo se soffre di testa se era caduto o svenuto. Per quanto riesco capire si, soffre di svenimenti. Ma tutti ridano nel raccontare. Non Sokkea. Si era fermato per vedere se si erano messi in contatto con un NGO che sa da via quei tipi di carelli con le ruote per sostenerlo mentre cammino. Ma no. Non hanno fatto niente. Ignoranza, dovuto a povertà, non sapere come procedere, un atteggiamento di fatalità che questa gente ha nei confronti di cose che da noi si possano risolvere ma che qui risulta molto difficile. Veniamo via con Sokkea che si promette di cercare e mettersi in contatto lui con questo NGO.
La prossima fermata e la casa di Sreykean. Là bambini che in Novembre, nell’occasione della missione di Franco, ha chiesto una casa nuova come regalo di compleanno. La casa vecchia non c’è più e si sta alzando una casa in muratura. Ci sono altre case intorno ed un bel po’ di gente che ci guarda, sembra una famiglia davvero allargata.
L’ultima fermata, ma proprio perché ci passiamo davanti, e da Theara. Lei vive con i nonni. La nonna 70 anni, poco più di me, il nonno 73. Siamo accolte a braccia aperte. Oramai mi conoscano. Ci fanno sedere intorno una piccola tavola in ceramica, come si usa qua all’esterno, che non c’era l’ultima volta che sono passata. Il nonno tossisce e lo faccio segno che fuma troppo. Capisce e ride. Infatti è la prima volta che lo vedo senza una sigaretta. Ci portano i noci di cocco da bere, fresco dall’albero. Theara ci aveva già portati due al centro giorni fa e stamattina mi ha portato due da portare in Italia. Non credo che la mia franchigia bagaglio me lo permetterà. Li berremmo tornando a Phnom Penh. Parliamo di Theara, che sta lì ad ascoltare. E decima fuori di 40 studenti nella sua classe. Quaranta studenti!!! La chiedo di cercare di migliorare per la prossima volta che vengo e mia risponde “si mommy” con il tono di voce che dice “come rompe”! Mi dicono che è brava ma non viene mai a casa ad aiutare quando è libera, sempre al centro a giocare o studiare danza. Infatti è stata lei ad organizzare l’esibizione di danza alla pagoda. Oltre a To anche Sokkea non sapeva niente. Poi, alla sera, quando deve studiare, si addormenta su i libri. Seduto su la solita tavola di legno c’è una signora giovane, la zia di Theara, che con l’aiuto di una corda fa dondolare un ammacca con un bambino di due mesi e mezzo. No so perché, dorme come un angoletto. Ma l’ho visto fare sempre così qui in Cambogia, forse per creare aria fresca in modo che non prende troppo caldo. Da parte il fatto che è coperto come un eschimese! È ora di andare, foto di gruppo, ultimi saluti e via.
Si torna al centro dove devo recuperare il mio quaderno ed i miei regali. Un ultimo saluto a Sochear ed un abbraccio a Channa. Diamo un strappo a Sokkea fino alla strada principale dove prenderà il minibus per Kampot ed è finito. Sì proprio finito. Domani alle ore 9 si parte per Phnom Penh. Non ci posso credere, tre settimane volate in un attimo. Ma aspetta, stasera vado ancora una volta da Mr Mab al crab market a mangiarmi un bel piatto di gamberoni.
Quando Mr Dom mi lascia in albergo lo chiedo quanto vuole per oggi. Visto che sono un cliente fissa per tre settimane mi fa un prezzo speciale di sette dollari per il viaggio giornaliero di andata e ritorno. Mi guarda e dici “sette dollari” Ma no ragazzo, non va bene. Ha passato tutto il pomeriggio a portarci su strade di terra battuta, ma ci ha anche seguiti nelle nostre visite e forse vuole fare la sua parte. Va bene stasera dopo che mi ha portato da Mr Mab arrotondo io. In su naturalmente, se la merita.
Everything in the norm. Alarm at 06,45, breakfast at 07,30, Mr Dom waiting at 08,15 and off on the road for the last time on this mission.
Then we change, we stop at a strange little shop near the white horse roundabout to pick-up three big cakes, I can’t see them because they are boxed, I had ordered them on the way back from the sea on Thursday just by looking at a photo. This shop does everything for weddings even if going inside it looks like, like, hum let’s say a work shop. While we were ordering there was a girl having her hair done for what must have been a wedding. Fortunately they don’t make the cakes there, they come from Kampot. They cost the handsome sum of $ 25 each, a ridiculous price for such a poor country. That’s probably why our children had only seen them once before with our president Franco Farao on the first anniversary of the center. He told me that that time the cakes were little individual ones and never having seen anything like it before the children had finished up dabbing the cream on each other’s faces.
We set off again with me jealously clutching the three cake boxes to avoid them falling, plus a pack of polystyrene plates and plastic spoons. They apologised because they had no candles, but it wasn’t anybodies birthday anyway.
We arrive at the center just before nine and it is already full of children who come running anxiously to take anything I have bought with me. One of the girls presents me with a beautiful gift bag, we’ll open that later. I pass my rucksack to somebody, the plates and the spoons. Mr Dom follows on with the cake boxes, happy to take part in the enjoyment of his countries children.
Excitement is at a maximum, they are moving desks to make two long rows, just to think that before those desks were donated the children sat on the floor! We put the cakes in the new fridge, brought last year and really necessary. I take out a bag left as a gift by a certain Mr. Guido member of a Dutch NGO, he’s Italian origins but lives in Holland. It contained two bags of super big balloons, 18 in each pack. I hand them over to some of the bigger boys to blow up with the bicycle pump which of course doesn’t work. Never mind there is a large group of very excited children just fighting to blow them up. “Jane, Jane, look” they shout when they see how big they are. In the bag there is also a string of bunting to hang up, another group races off to do that. “My” Theara, always in command is already standing on the tables to attach the balloons to the bunting and paper butterflies to the balloons, and don’t anybody dare to try and help her. Each time I pass she gives me a cheeky smile.
At one point the most impish one arrives, Linda with a beautiful but plastic flower which she gives me with unusual timidness. I go to put it away and a little boy I don’t even know arrives and offers me a daisy, also in plastic. Better, at least I can take them home with me.
To my great joy Chanta also arrives complete with a Shade for Children t-shirt. Chanta who is so small that he can be confused among the older children. Chanta who has worked with me for three years, who always took every occasion to speak with me to better his English. Last year he left the center for a government job. It’s not better paid but it’s understandable that a young man wants new experiences and the possibility of a career, particularly if they are thinking of getting married.
Ms. Channa, on my request has organised some cooks to come and prepare noodle soup. But heavens, just as last time half of them have bought their bowls and chopsticks from home but the other half has forgotten, or maybe not understood or Mummy said “no”. So we send Mr. Sochear to by some polystyrene ones ( I hate this material but it’s all over Cambodia)
The two cooks arrive. At this point I must ask the weak of stomach to pass to the next paragraph. There are some plastic bags full of soya sprouts, some baskets lined with palm leaves full of cooked noodles, a big pan of fish soup and various bowls of chilli peppers. As before the older girls act as waitresses. Using their hands, and here I hoped they had washed them but doubt they had, they put soya sprouts in the bottom of the bowls, still with their hands they put in the noodles, and pour fish soup over the top, this time with a ladle and add chilli peppers. On the table are bottles of an unknown liquid with more chilli inside which the children pour liberally over their noodles. But this time they don’t throw themselves on the food. When I ask why they explain that this dish can be eaten cold, I’m not surprised with the amount of chilli they have put on it, so they wait until everybody has been served. When the signal to start arrives they throw themselves on the food managing their chopsticks to eat noodles like real professional.
Then I discover it’s not all that difficult. Why?. Do you want to know if I ate it too after having seen it prepared? Certainly By now with all my travels in under developed countries all around the world I must surely be vaccinated. Anyway it’s my party.
It doesn’t take them long to finish, they go and wash the bowls bought from home and put them back In their bags. Theara gets behind the computer and improvises DJ. But in the middle of all the chaos, that is only possible with about 100 kids having a party, tragedy strikes, one of the boys, the usual rowdy, to remain unnamed for privacy, pushes a desk and the bowl of one of the little girls falls out and breaks and its tears. I have hardly ever seen any of these children cry but this one is unconsolable. Be it anger, be it the fear of her mothers reaction, there is nothing we can say to stop those tears, I put my arms around her, tell her not to worry, we’ll send somebody to the market to but five new bowls. But no she continues to cry. Then we discover why. She doesn’t want us to give her a new bowl but the boy who had broken it. Good reasoning. He stands there looking half guilty half defiant. I don’t know how it ended, all I know is that she went home smiling with a bowl.
They clean everything up. At the end of the class room, where I usually stand to teach and where the white board is, that at the moment is covered with beautiful disegns and Khmer writing in two/three colours and underneath in English “thank you Jane” the three boxes of cakes are placed. Lots of hands to open them, careful, go slow, don’t spoil them. Three fantastic cakes come out all covered in some sort of cream, made of what I don’t know and prefer not to. The shop has given us three special plastic knives in sealed packaging. Can we cut them? No wait it’s time for speeches. Here I must admit my memories are confused, but more or less it went like this: first Sokkea explained to the children about the long journey I had made to come and be with them, of the great work that we do in Italy to keep the center going. The simultaneous translation done by To could obviously not be complete. Lined up behind the cakes are Chanta, myself and To. Now it is Chanta’s turns to talk. Nobody translated but it was a very eloquent for somebody so shy. No, now it’s my turn. I already have my pockets full of tissues and Chanta shows me that he has one ready for me too. First I ask them to bring me my presents that I still haven’t opened. In one bag , block notes, sweets, a rubber, pencil, pen and plastic pendent. They tell me that the contents are from two girls. Another beautiful bag block noted, pencil and pen. I thank them all, also for the flowers. Take a deep breath, give myself some courage and start the usual story, of how it has been great being with them, of how pleased I am to see so many children that have passed to secondary school and that have good marks in their classes. Of how many new faces I see and haven’t had time to get to know but I hope to be able to teach next time I come. So far so good, now the difficult part arrives. Continue to study, we are proud of you, and here the tears start to stream and Chanta takes my hand and passes me a tissue even though I already have one in my other hand, how much I love them all in particular Theara and Bunthy. I take my glasses off because they are starting to steam up. All this I had to say slowly a bit at a time so that To could translate. But I made it even though I am crying now as I remember it. But the tragedy continues. To who has been with the center from the start. He was the original teacher of English under the shade of a mango tree in front of the pagoda but is leaving us too. He too is making a career for himself and is going back to the Don Bosco college which is near Kep, left as a student, going back as a teacher. He should have left at the beginning of February but remained so as to be with me during my mission. Now it’s his turn to say goodbye. I don’t know how many of them knew about his departure. He starts to speak and I realise his face is already streaked with tears, Chanta sees it too and it’s all too much for him, he holds on to my shoulder and hides his face, Theara comes running with a packet of tissues, behind me I hear one of the secondary school girls crying so turn and give her a tissue too. What on earth is happening, this should have been a party. And it is.
Sokkea speaks again giving us time to recompose. I have no idea of what was said, no idea if somebody translated for me, I doubt it, we were all crying.
Now that’s enough, let the party continue. We start to cut the cake, me orderly and measured. Chanta follows my example. To is just cutting at it anyway with such big slices that I have to tell him to go slow or there won’t be enough for all of them, now I understand why the kids are going to him to get their cake and not to me, his slices are so big they don’t fit on the plates! The idea was that the bigger girls served but the children don’t want to wait, they are all in front of the tables. It’s funny to see the little ones who manage to grab a plate duck out under stretched out arms.
But here they are, it seemed strange, the girls I know best arrive and the first finger places cream on my face, I’m too busy cutting cake to retaliate but when Chanta starts I manage to get my own back, or was it me who started. Fact is we all ended up covered in cream, white, green and red, it was casual that they were the colours of the Italian flag. Just realised it was because there were red flowers with green leaves. But what sort of cream was it? With just cold water it wouldn’t come off, I had to use wet wipes.
On with the party. Our DJ Theara puts on rock music and girls arrive “Jane dance” I know I’m going to risk being the dancing elephant but to make them happy I’m up for it. Didn’t know somebody was filming, hidden away and worse still published it on FB without my permission! Doesn’t matter I enjoyed myself.
I leave them to go and get the Dutch bag again. Inside are four mega tube balloons. You need to hold them open and run to fill them with air then blow to fill them completely and close them with an elastic They work really well so I am surround by boys begging for one. Unfortunately o maybe fortunately there are only four. I try to give them out fairly, that is to say not to the ones who pushed and tried to snatch. At I certain point I see no children and no tubes. Where are they? The blown up tubes are so big they have gone out into the fields to play.
One by one they come to say goodbye to me and go home. How many hugs and now even kisses, I tell them to study, lots of “I’ll be back soon”. One little girl takes off two braclets and gives them to me as a present. I try to show her they are too small for me but she insists so as not to offend I accept them.
Theara comes to say goodbye to her “mommy”. She takes my instructions to study, to be good, to help her grandmother as any child in the world would. Not a tear, it’s best that way. Later somebody told me she had cried but wouldn’t let me see.
They bring the tubes back to me. Then Vannak with an imploring face asks if he can take one home. Certainly. Others look at me, here you are take them, Vannak comes to see me, but no hug today. When I say “Goodbye Vannak” he gives me a very adult look and says “no goodbye teacher” pity I can’t explain “arrivaderci” to him.
Now it’s really over. A hug for Chanta, even To let’s me hug him as he sets off for university. Sokkea and I go to the bar for a well deserved coffee.
I’ll stop here. But the day is still long.